Livorno cruciale XX e XXI. Quadrimestrale di arte e cultura. Vol. 1: La caricatura

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Al lettore che, certo incuriosito dal tema scelto per l'avvio definitivo di "Livorno cruciale"", La caricatura, e forse sedotto dalla raffinata copertina illustrata da Alberto Gennari, sfoglierà queste pagine una domanda si pone immediata: quali sono i possibili nessi tra la velata ironia dei disegni di Alfredo Müller e Leonetto Cappiello, le vignette pubblicate da ""Il Telegrafo"", i rapidi appunti grafici stesi da Silvano Filippelli durante la sua vita di partito, ""dove la verosimiglianza cede sempre il campo al segno del carattere"" come egli stesso scriveva e infine le copertine strillate del ""Vernacoliere"" che dalle locandine delle edicole attirano almeno per un attimo lo sguardo distratto dei frettolosi passanti. Non di possibili nessi vogliamo parlare ma piuttosto di materiali che, assumendo Livorno come luogo privilegiato di osservazione, presentano differenti registri comunicativi. Vi è differenza di linguaggi infatti, ma vi è anche differenza di veicoli di comunicazione, anche se i palcoscenici sono, alla resa dei conti, affini. Müller e Cappiello coglievano con i loro disegni umoristici aspetti delle mode dell'epoca, dalla passione per la bicicletta che si andava diffondendo all'inizio del Novecento fino alla vita dei teatri: si tratta di abbreviate impressioni caricaturali dedicate a raduni mondani o a volti di celebri attrici, che dilagano sulle numerose riviste sciorinate nei chioschi parigini. Le caricature e le vignette satiriche che nei primi decenni del XX secolo appaiono sulle pagine del quotidiano cittadino ""Il Telegrafo"" seguono comunque il medesimo filone: prendono di mira i luoghi della mondanità livornese, dai Pancaldi al Politeama, e al contempo i personaggi più in vista della città. Le vignette di Gino Gamerra apriranno poi il versante ben assortito della satira politica. Di contro, per Silvano Filippelli, la caricatura ha una valenza tutta privata: è gesto quasi automatico per sottrarsi alla noia di prolungate riunioni. Vi è pur sempre nel tratto corsivo, nel disegno tracciato con immediatezza sulla pagina del taccuino o sulla carta intestata della Regione Toscana, il medesimo intento, quello di restituire quasi un'istantanea del personaggio. Diverso dunque è il valore comunicativo di tali segni grafici rimasti tra le carte dell'artista o anche affidati allarchivio di amici e collaboratori. E ancora un altro estremo, ""Il Vernacoliere"", veicolo di una satira politica e di costume il cui innegabile successo, anche a livello nazionale, molto deve più che all'immagine, pure di moderna accezione caricaturale, all'invenzione davvero inesauribile di notizie assolutamente improbabili, non importa se rivolte alla politica o all'annosa rivalità con i Pisani, ""sparate"" con caratteri aggressivi, composti senza apparenti regole sulle locandine. Dario Matteoni"
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