Il nostro comune nemico. Considerazioni sulla fine dei giorni tranquilli

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«Corri compagno, il vecchio mondo è dietro di te»: è la parola d’ordine del Maggio’68. Uno slogan che traduce perfettamente l’essenza stessa della sinistra progressista: l’idea che la lotta consista nel lasciarsi sempre alle spalle il vecchio mondo in quanto tale e correre incontro al nuovo.rnrn«Da tempo i grandi partiti del blocco liberale […]rnnon hanno più altro ideale concreto da proporrernse non la dissoluzione continua e sistematicarndei modi di vivere specifici delle classi popolari stessern- e la dissoluzione delle loro ultime conquiste sociali -rnnel moto perpetuo della crescita globalizzata,rnsia essa ridipinta di verde o coi colorirndello sviluppo sostenibile, della transizione energeticarne della rivoluzione digitale».rnrnrnÈ tuttavia questa la prospettiva propria del socialismo? Abbracciare il mondo nuovo in quanto tale? Il mondo, ad esempio, che la sinistra liberale odierna ha già palesemente fatto suo, quello del riscaldamento globale, di Goldman Sachs della Silicon Valley? Jean-Claude Michéa prova a rispondere a questi interrogativi nelle pagine che seguono composte da scritti e interviste risalenti a periodi differenti.rnIl primo nume tutelare che alimenta il pensiero di Michéa è, naturalmente, Karl Marx, precisamente il Marx del Capitale che svela i meccanismi della società moderna per attrezzare la lotta dei lavoratori non per abbracciare il mondo nuovo, ma esattamente per combatterlo, in quanto mondo che annuncia un’alienazione e una schiavitù senza pari.rnTra i numi tutelari di Michéa figurano, tra gli altri, anche l’Orwell della common decency, Marcel Mauss con la sua teoria del dono e Guy Debord con la sua critica della società dello spettacolo e della «dissoluzione di tutti i legami sociali». Numi chiamati tutti a sostenere «l’urgenza di tornare al tesoro perduto della critica socialista originaria, perché […] oggi, al tempo della globalizzazione e del liberismo trionfante, ciò che minaccia di distruggere la natura e l’umanità stessa […] è innanzitutto il continuo e dissennato perseguimento del tornaconto capitalistico».rnIl nostro comune nemico, da questo punto di vista, non è affatto, per Michéa, il mondo vecchio che, per dirla con l’ironia propria di Orwell, non era fatto soltanto di guerra, nazionalismo e religione, ma anche di professori di greco, poeti e cavalli, ma il nuovo ordine della libertà del profitto, quella libertà che si impone quotidianamente attraverso il discorso retorico dei media e che, come scriveva Debord, si è ormai «costretti ad amare».
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